martedì 16 febbraio 2016

#Homework 3




 IL MEMRISTOR:

 LA MACCHINA DEL MIO DOTTORATO


L’emulazione del comportamento umano da parte di una macchina, dall'uomo costruita, ha origini antiche quasi quanto l’uomo. Basti pensare che già gli antichi greci narravano in uno dei loro miti come Efeso, il dio fabbro, avesse creato automi che lo aiutassero nel lavoro, in tutto simili a uomini di metallo.
Ma, a mio parere, il fascino dell’automa è quello della macchina “intelligente”, cioè di quella macchina in grado non solo di riprodurre i comportamenti chimico-meccanici degli esseri viventi, ma di copiarne i ragionamenti. Cosa affascina non è il puro movimento di un braccio robotico, ma il ragionamento che lo porta a muoversi, l’apprendimento che lo fa reagire a dati stimoli in un dato modo; affascina l’idea che ciò che possa diventare di una macchina ciò che  è sempre stata prerogativa unicamente umana: l’intelligenza.

Il desiderio di creare un’intelligenza artificiale ha portato l’uomo a indagare e investire grandi energie e non pochi imbrogli. Forse il falso più clamoroso rimane il settecentesco “Turco Meccanico”, automa abile giocatore di scacchi che solo dopo molti anni si scoprì contenere una persona al suo interno!

Ed è in questa ricerca di emulazione dell’intelligenza umana, nata agli albori della civiltà e evolutasi di pari passo con il progresso scentifico, passando da Leonardo da Vinci ad Alan Turing, che si colloca la maccina del mio dottorato. Un oggetto piccolissimo, in grado di emulare il comportamento di un neurone: il MEMRISTOR.

La parola memristor nasce come contrazione di memory e resistor ad indicare esattamente la sua funzione, infatti il memristor è un oggetto in grado di mantenere memoria del suo passato. A livello tecnico è un dispositivo elettronico a due terminali la cui resistenza varia in funzione dall'ampiezza e dalla polarità della tensione applicata e dall'arco di tempo in cui questa viene applicata: spegnendo la tensione il memristor ricorda la sua resistenza fino al momento in cui lo si riattiva, non importa che questo avvenga un'ora, un giorno o un anno dopo!
Teorizzato per la prima volta negli anni settanta, il memristor è diventato realtà solo dal nuovo millenio grazie al miglioramento delle tecniche di costruzione ed ha subito fornito una brillante alternativa per la costruzione delle memorie dei computer.
Ma il potenziale di questo piccolo componente va ben oltre lo sviluppo di nuove performantimemorie, abbracciando una delle più grandi sfide tecnologiche contemporanee: l'emulazione delle funzioni neuronali all'interno del cervello. Reti di memristor connessi tra loro potrebbero andare ad emulare (e non semplicemente simulare!!) meccanismi di sinapsi tra i neuroni. Per capire l'importanza di una tale progresso, basta osservare che persino il cervello di un topo, per essere simulato in tempo reale, richiederebbe un computer capace di risolvere contemporaneamente un numero astronomico di equazioni differenziali accoppiate; un dispositivo di tal genere sarebbe delle dimensioni di una piccola città e per essere alimentato necessiterebbe di svariate centrali nucleari dedicate.
Usando i memristor, grazie alle loro poteziali ridotte dimensioni (quancle nanometro) ed al loro comportamento identico a quello delle sinapsi cerebrali, potremmo essere in grado dicostruire circuiti elettronici analogici che lavorano sfruttando meccanismi simili a quelli del cervello. Il tutto grande poco più di una scatola di scarpe!

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