IL MEMRISTOR:
LA MACCHINA DEL MIO DOTTORATO
L’emulazione del comportamento umano da parte di una
macchina, dall'uomo costruita, ha origini antiche quasi quanto l’uomo. Basti pensare
che già gli antichi greci narravano in uno dei loro miti come Efeso, il dio
fabbro, avesse creato automi che lo aiutassero nel lavoro, in tutto simili a
uomini di metallo.
Ma, a mio parere, il fascino dell’automa è quello
della macchina “intelligente”, cioè di quella macchina in grado non solo di
riprodurre i comportamenti chimico-meccanici degli esseri viventi, ma di
copiarne i ragionamenti. Cosa affascina non è il puro movimento di un braccio
robotico, ma il ragionamento che lo porta a muoversi, l’apprendimento che lo fa
reagire a dati stimoli in un dato modo; affascina l’idea che ciò che possa
diventare di una macchina ciò che è sempre
stata prerogativa unicamente umana: l’intelligenza.
Il desiderio di creare un’intelligenza artificiale ha
portato l’uomo a indagare e investire grandi energie e non pochi imbrogli.
Forse il falso più clamoroso rimane il settecentesco “Turco Meccanico”, automa
abile giocatore di scacchi che solo dopo molti anni si scoprì contenere una
persona al suo interno!
Ed è in questa ricerca di emulazione dell’intelligenza
umana, nata agli albori della civiltà e evolutasi di pari passo con il
progresso scentifico, passando da Leonardo da Vinci ad Alan Turing, che si
colloca la maccina del mio dottorato. Un oggetto piccolissimo, in grado di
emulare il comportamento di un neurone: il “MEMRISTOR”.
La parola
memristor nasce come contrazione di memory e resistor ad indicare esattamente la sua funzione, infatti il
memristor è un oggetto in grado di mantenere memoria del suo passato. A livello
tecnico è un dispositivo elettronico a due terminali la cui resistenza varia in
funzione dall'ampiezza e dalla polarità della tensione applicata e dall'arco di
tempo in cui questa viene applicata: spegnendo la tensione il memristor ricorda
la sua resistenza fino al momento in cui lo si riattiva, non importa che questo
avvenga un'ora, un giorno o un anno dopo!
Teorizzato
per la prima volta negli anni settanta, il memristor è diventato realtà solo
dal nuovo millenio grazie al miglioramento delle tecniche di costruzione ed ha
subito fornito una brillante alternativa per la costruzione delle memorie dei
computer.
Ma il
potenziale di questo piccolo componente va ben oltre lo sviluppo di nuove
performantimemorie, abbracciando una delle più grandi sfide tecnologiche
contemporanee: l'emulazione delle funzioni neuronali all'interno del cervello.
Reti di memristor connessi tra loro potrebbero andare ad emulare (e non
semplicemente simulare!!) meccanismi di sinapsi tra i neuroni. Per capire
l'importanza di una tale progresso, basta osservare che persino il cervello di
un topo, per essere simulato in tempo reale, richiederebbe un computer capace
di risolvere contemporaneamente un numero astronomico di equazioni
differenziali accoppiate; un dispositivo di tal genere sarebbe delle dimensioni
di una piccola città e per essere alimentato necessiterebbe di svariate
centrali nucleari dedicate.
Usando i
memristor, grazie alle loro poteziali ridotte dimensioni (quancle nanometro) ed
al loro comportamento identico a quello delle sinapsi cerebrali, potremmo
essere in grado dicostruire circuiti elettronici analogici che lavorano
sfruttando meccanismi simili a quelli del cervello. Il tutto grande poco più di
una scatola di scarpe!